Recensione “Kafka sulla spiaggia” di Haruki Murakami

Recensione “Kafka sulla spiaggia” di Haruki MurakamiKafka sulla spiaggia di Haruki Murakami
Pubblicato da: Einaudi Generi: Narrativa
Pagine: 514
Formato: Copertina Flessibile
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Recensione senza spoiler

Un ragazzo di quindici anni, maturo e determinato come un adulto, e un vecchio con l'ingenuità e il candore di un bambino, si allontanano dallo stesso quartiere di Tokyo diretti a Takamatsu, nel Sud del Giappone. Il primo, che ha scelto come pseudonimo Kafka, è in fuga dal padre, uno scultore geniale e satanico. Mentre il secondo, Nakata, fugge dalla scena di un delitto nel quale è stato coinvolto contro la sua volontà. Seguendo percorsi paralleli, che non tarderanno a sovrapporsi, il vecchio e il ragazzo avanzano nella nebbia dell'incomprensibile, schivando numerosi ostacoli, ognuno proteso verso un obiettivo che ignora ma che rappresenterà il compimento del proprio destino. Inquietante, avvincente e visionario, Kafka sulla spiaggia è il romanzo che consacra Murakami come uno dei più grandi narratori contemporanei.


Kafka sulla spiaggia è il primo libro di Haruki Murakami che leggo e l’ho iniziato senza sapere assolutamente nulla sulla trama. Finito il libro posso dire di non sapere ancora nulla sulla trama, talmente è confusa.

Trama

All’inizio Kafka sulla spiaggia è un normalissimo libro di narrativa con una narrazione da due punti di vista: quello di Kafka, quindicenne scappato di casa perché il padre è un cattivone, e Nakata, un vecchio con problemi mentali. Nakata parla con i gatti, ma la cosa non sorprende molto in quanto ci è già chiaro che l’uomo non sia del tutto sano di mente.

In seguito gli avvenimenti senza senso aumentano, arrivando a coprire quasi del tutto la parte realistica.

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Dopo un bel po’ di lenti capitoli Nakata incontra un cane che parla, il quale lo accompagna dalla mascotte di una marca di Whisky. La mascotte scuoia gatti e ci costruisce flauti, con lo scopo di costruire un flauto gigante che permette di fare… qualcosa. Allora Nakata uccide l’uomo e fugge. Si scopre che la mascotte del Whisky era il padre del ragazzino, Kafka, ma non vengono trovati gatti morti e scuoiati, quindi forse quella di Nakata era solo un’allucinazione. Da qui inizia il declino della trama, con eventi sempre più illogici, scollegati tra loro e inutili ai fini della trama. I capitoli diventano più lenti, le descrizioni prolisse, leggere diventa una fatica e ogni capitolo succede qualcosa che forse è successo, ma forse no, quindi forse è una metafora, ma forse non lo è. Piovono pesci, si spostano sassi importanti, il colonnello Sanders del KFC diventa un pappone e molto altro. Molte di queste cose non servono a nulla, sembra quasi che sono state scritte solo per aggiungere parole. Per esempio, perché il colonnello Sanders è un pappone? Perché Nakata può far piovere sanguisughe?

Alla conclusione del libro viene lasciato tutto senza risposta. Non viene spiegato nulla e si utilizza la famosa tecnica del “lasciare l’interpretazione al lettore”, utile quando nemmeno lo scrittore sa cosa ha scritto.

Capisco che a molte persone piacciano i libri ricchi di metafore, che lasciano molte cose a discrezione del lettore, ma non riesco ad apprezzare un libro che si basa unicamente su questo elemento.

Stile di scrittura

Ho apprezzato lo stile di scrittura di Murakami nella prima parte di Kafka sulla spiaggia, è molto scorrevole e piacevole. Purtroppo con l’aumentare delle cose insensate e delle metafore lo stile muta, diventando più prolisso e descrittivo, rendendo la lettura molto più difficoltosa.

Conclusioni

Un libro confusionario senza capo né coda. Finita la lettura non mi ha lasciato nulla. Probabilmente darò un’altra possibilità all’autore, ma questo libro non mi è piaciuto.

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