Recensione “Le assaggiatrici” di Rosella Postorino

Recensione “Le assaggiatrici” di Rosella PostorinoLe assaggiatrici di Rosella Postorino
Pubblicato da: Feltrinelli il 11/01/2018
Generi: Narrativa
Pagine: 287
Formato: Copertina Flessibile
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Recensione senza spoiler

La prima volta in cui Rosa Sauer entra nella stanza in cui dovrà consumare i suoi prossimi pasti è affamata. “Da anni avevamo fame e paura,” dice. Siamo nell’autunno del 1943, a Gross-Partsch, un villaggio molto vicino alla Tana del Lupo, il nascondiglio di Hitler. Ha ventisei anni, Rosa, ed è arrivata da Berlino una settimana prima, ospite dei genitori di suo marito Gregor, che combatte sul fronte russo. Le SS posano sotto ai suoi occhi un piatto squisito: “mangiate” dicono, e la fame ha la meglio sulla paura, la paura stessa diventa fame. Dopo aver terminato il pasto, però, lei e le altre assaggiatrici devono restare per un’ora sotto osservazione in caserma, cavie di cui le ss studiano le reazioni per accertarsi che il cibo da servire a Hitler non sia avvelenato. Nell’ambiente chiuso di quella mensa forzata, sotto lo sguardo vigile dei loro carcerieri, fra le dieci giovani donne si allacciano, con lo scorrere dei mesi, alleanze, patti segreti e amicizie. Nel gruppo Rosa è subito la straniera, la “berlinese”: è difficile ottenere benevolenza, tuttavia lei si sorprende a cercarla, ad averne bisogno. Soprattutto con Elfriede, la ragazza più misteriosa e ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del ’44, in caserma arriva un nuovo comandante, Albert Ziegler. Severo e ingiusto, instaura sin dal primo giorno un clima di terrore, eppure – mentre su tutti, come una sorta di divinità che non compare mai, incombe il Führer – fra lui e Rosa si crea un legame speciale, inaudito. Con una rara capacità di dare conto dell’ambiguità dell’animo umano, Rosella Postorino, ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Proprio come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l’istinto antieroico di sopravvivere. Di sentirsi, nonostante tutto, ancora vivi.


Ho acquistato Le assaggiatrici per via dell’interessante presentazione e dell’immensa pubblicità che ha ricevuto. Per come si mostra questo libro, uno crede di trovarsi tra le mani un libro storico sulle assaggiatrici di Hitler o, perlomeno, un libro semi-biografico sulla vita di un’assaggiatrice. In realtà questo libro è un romanzo rosa e il contesto storico non ha un ruolo nel libro, solo nella pubblicità.

Stile

Il libro è scorrevole e non si divaga mai troppo in discorsi inutili. La prosa è semplice, ma le metafore sono spesso stupide o prese direttamente dal parlato.

Tutto sommato niente di pessimo, ma nemmeno niente di eccezionale.

Trama

La trama non esiste e questo ci porta al primo problema del libro: perché leggerlo? Che cosa mi porta a girare pagina? Nel caso di questo libro, nulla. La protagonista non ha uno scopo finale, non c’è un obiettivo. Il libro è un susseguirsi di azioni di routine (vado nell’orto, prendo il bus, mangio e ho paura, faccio sesso nel fienile) interrotte ogni tanto da sotto trame ancora più inutili. Una sotto trama dovrebbe avere un minimo di collegamento alla storia principale, ma ovviamente non essendoci nemmeno la storia principale come posso aspettarmi che ci sia un collegamento?

Il finale racchiude tutti i problemi del libro per dare il colpo di grazia al povero lettore. Elenco non esaustivo dei problemi del finale (no spoiler):

  • Non conclude la parte precedente, ma lascia tutto in sospeso. Che ha fatto Rosa una volta arrivata a Berlino? Il finale fa un salto temporale di circa 40 anni;
  • Cose totalmente a caso, inutili per il libro e la “””storia”””. Ovviamente, non avendo una trama come ci si può aspettare un finale sensato?
  • Ci dimostra ancora una volta la stupidità dei personaggi, portandola a livelli estremi.

Personaggi

I personaggi sono il punto più dolente di tutto il libro, sono troppi e praticamente tutti stupidi. Solo le assaggiatrici sono dieci e impossibili da ricordare. Capisco la difficoltà nel caratterizzare dieci personaggi differenti ma molto simili tra loro, perciò mi chiedo perché non ha scelto un numero inferiore. Il libro è già così romanzato e inventato che cambiare il numero di assaggiatrici rispetto all’originale non credo sarebbe stato così grave. In ogni caso, di queste donne solo poche sono abbastanza distinguibili: Elfriede, tizia che piange, tizia cattiva (a parte la prima, gli altri nomi non li ricordo. Questo per dimostrare quanto sono facili da ricordare questi personaggi!).

Ora passiamo ad analizzare nel dettaglio, ma brevemente, i tre personaggi principali:

  • Rosa: Donna estremamente passiva, segue il flusso della sua vita senza far nulla per poter cambiare ciò che non apprezza, pur continuando a lamentarsene. Osserva la sua vita come se fosse in terza persona e non potesse interagire col mondo.
  • Gregor: Il marito di Rosa. Ingegnere e apparentemente filosofo a tempo perso, quando parla dalla sua bocca escono solo saggezze.
  • Ziegler: Ufficiale nazista stalker con complessi di inferiorità e di inutilità. Conquista le donne fissandole di notte attraverso le finestre.

Onde evitare spoiler non parlerò oltre dei personaggi, non che ci sia molto altro da aggiungere.

Edizione

Edizione buona, con copertina lucida flessibile ma piuttosto rigida, identica a quella di Così giocano le bestie giovani. All’interno non ci sono problemi.

Unica nota negativa è la quarta di copertina, apoteosi dell’inutilità.

Conclusioni

Si salvano solo la prosa e l’edizione. Nessuna trama, personaggi banali e stupidi, pubblicizzato come romanzo storico (o comunque basato su una biografia) quando invece è solo un altro romanzo rosa.

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