Recensione “Miami Blues” di Charles Willeford

Recensione “Miami Blues” di Charles WillefordMiami Blues di Charles Willeford
Serie: I casi di Hoke Moseley #1
Pubblicato da: Feltrinelli Generi: Narrativa, Thriller
Pagine: 240
Formato: Copertina Flessibile
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Recensione senza spoiler

Dopo una giornataccia passata a lavorare su un quadruplo omicidio, il detective Hoke Moseley, cronicamente depresso, sempre squattrinato e fuori dagli schemi, finalmente si gode il meritato riposo in una piccola stanza dell’anonimo Eldorado Hotel di Miami, cullato da un bicchiere di brandy. Quando sente bussare alla porta, distratto e con la guardia abbassata, non esita ad aprire. Il giorno dopo si ritrova all’ospedale, notevolmente ammaccato e con la mandibola spappolata. Ripensa ai casi degli ultimi dieci anni e si interroga su chi avrebbe voluto picchiarlo fino a fargli perdere i sensi, rubargli la pistola e il distintivo e, dettaglio ancora più inquietante, scappare con la sua dentiera. I primi indizi però non sembrano portare a una vendetta, ma verso qualcosa di imponderabile che forse collega l’episodio a una giovanissima escort, al suo fidanzato e a un bizzarro omicidio di un Hare Krishna... Un libro dissoluto, feroce, spassoso.


Ho acquistato Miami Blues semplicemente perché la copertina mi attirava parecchio, quindi ho iniziato la lettura senza saperne molto. Si tratta di un thriller noir ambientato in una Miami dove il degrado e la criminalità la fanno da padrone. Alberghi sporchi e malconci, furti a ogni angolo, poliziotti corrotti, tutte le descrizioni riescono benissimo a creare sconforto e disagio nel lettore. Miami Blues è un libro molto scorrevole e leggero, in molti aspetti pare scritto da Bukowski.

Trama

Non esiste una vera e propria trama di fondo. Il libro segue due punti di vista: quello di un pluriomicida psicopatico appena rilasciato di prigione, Freddie Frenger, e quello di un detective in una situazione patetica e triste, Hoke Moseley. Freddie inizierà una nuova vita sregolata a Miami e la sua strada incrocerà quella del detective Moseley più volte, fino all’incontro finale. La trama, sempre che così si possa definire, non è nulla di eclatante.

Ho trovato solo una grave imperfezione a pagina 102: Susan Waggoner (la ragazza di Freddie) parla con l’ispettore Hoke e, parlando del suo ex lavoro, chiama Freddie col suo nome. L’ispettore però lo conosce solo come Ramon Mendez Junior, ma non fa una piega.

Personaggi

I due protagonisti sono ben caratterizzati, anche se molta attenzione è stata data più a Freddie che al detective. Considerato che il libro dovrebbe avere come protagonista solo il detective (e così per tutta la tetralogia), questa cosa mi ha lasciato un po’ perplesso. Rispetto al detective, Freddie è caratterizzato molto meglio e gli sono dedicate molte più pagine.

I co-protagonisti sono anch’essi ben definiti e differenti tra loro.

Edizione

Copertina molto bella, edizione economica ma senza nessun problema. La copertina rimane piegata molto facilmente, ma non è grave.

Conclusioni

Un libro che va preso per quello che è: una leggera storia fortemente noir e violenta, senza troppe pretese. Avrei preferito più dettagli sul detective Hoke Moseley, ma non è un grave problema in quanto Freddie è comunque un personaggio molto interessante e che riesce a portare avanti il libro da solo.

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